Intervista
a Claudio Lolli apparsa su Alice (http://www.alice.it):
- Pavese
è un amore giovanile o maturato in anni più recenti?
"Quando uscì la meravigliosa edizione Einaudi delle opere di
Pavese (avrò avuto vent'anni), lo lessi tutto, anche se conoscevo già
dal liceo molte sue opere. Pavese è per me un amore giovanile! È uno
dei pochi autori che hanno retto nel tempo, anche se devo dire che oggi
è un po' dimenticato.
È passato un po' di moda? Sì, il che gli fa onore!"
- Le tue prime letture?
"Quelle infantili sono state letture avventurose, il solito
Salgari,
ad esempio... Poi, avrò avuto quindici anni, per me indelebile nella
memoria è stata la lettura di La Metamorfosi di Kafka. Lo lessi in un
pomeriggio in cui ero in casa da solo, impaurito e abbarbicato su una
poltrona senza muovermi finché non ero arrivato all'ultima pagina.
Tutta quella fantasia, quel lavoro onirico sulla scrittura... Mi diede
il senso di quello che poteva essere scrivere, di quello che poteva
muovere."
- Quali, proseguendo, sono state per te le letture
fondamentali?
"Sono abbastanza tradizionali: i classici europei. Ricordo con
molto amore Thomas Mann e Proust, di cui ho letto tutto. Questo fino ai
vent'anni. "
- E qualche autore contemporaneo che giudichi
importante nella tua formazione?
"Tra i contemporanei mi piacciono di più gli americani e il mio
preferito in assoluto è Raymond Carver. È un autore che quasi nessuno
conosce, ma che secondo me è uno scrittore straordinario. Ha pubblicato
cinque o sei raccolte di racconti assolutamente fulminanti, non a caso
Altman ne ha
tratto uno dei suoi film [America oggi, n.d.r.]. Questo è l'ambito dei
miei interessi che viene dal primo grande racconto d'inappartenenza che
è Il giovane Holden di Salinger, cui fece seguito un
arcipelago di scrittori molto simili. Negli ultimi dieci anni la zona
letteraria che mi interessa di più è questa."
- Tu insegni, vero?
"Sì, sono professore di italiano e latino in un liceo
scientifico."
- E ai ragazzi, che in genere non amano molto
leggere, quali letture consigli?
"Quelle che piacciono a me! Una spanciata di classici, con molta
difficoltà perché quella italiana è una letteratura di origine colta,
aristocratica e i ragazzi sentono molto la distanza, è molto difficile
per loro apprezzare autori che magari spiritualmente sono moderni, ma
che formalmente sono
ingabbiatissimi nella tradizione classica. Consiglio in genere gli
autori che mi piacciono, senza imporre: nella didattica un po' di
passione penso sia indispensabile."
-
E che ritorno hai? Quali sono gli autori più
amati dai ragazzi?
"Fino a qualche anno fa Il giovane Holden, le ultime generazioni lo
leggono con un po' di fastidio. Piacciono anche i romanzi di formazione:
ebbe un certo successo Agostino di Moravia, o Il sentiero
dei nidi di
ragno di Calvino."
- Qual è l'ultimo libro che hai letto?
"Si chiama Le parole del padre di Raffaele Crovi, un regalo di mio
figlio per Natale."
- Ti è piaciuto?
"Sì, visto anche che è stato un regalo di mio figlio... È una
biografia molto asciutta, Crovi ha una scrittura incisiva..."
- Quali libri ti hanno ispirato come musicista,
oltre a Pavese?
"Non saprei, non c'è una permeabilità così immediata."
- Ma c'è qualche collegamento?
"Io ho musicato quella poesia di Pavese quando avevo diciannove
anni, l'ho riproposta molto tempo dopo con molto astio e diffidenza di
tutti, ma nella produzione musicale la letteratura è uno sfondo
generale, non è direttamente deducibile."
- La canzone d'autore è, per quanto riguarda il
testo, un'opera letteraria?
"Questo è un discorso molto ambiguo: è un testo che nasce
comunque con l'idea di un supporto musicale, non si pone il problema
dell'autonomia, come per la poesia. C'è il rischio di fare confusione
di generi."
- Vecchioni, un altro professore cantautore, dice
che la canzone d'autore è la
nuova forma di poesia, sei d'accordo?
"Abbastanza. La poesia occidentale nasce come poesia in musica. Ma
questo discorso diventa poi una questione filologica ed erudita di poca
importanza. Qualsiasi testo che comunichi emozioni, abbia un'idea di
mondo e ordini un po' gli avvenimenti può essere giudicato in senso
generico poetico: se però usiamo l'aggettivo poetico in senso stretto,
allora si tratta di due generi
diversi."
- Faresti studiare a scuola qualche testo di
canzone d'autore?
"Sì, ma non usiamo il verbo studiare... Da un punto di vista
didattico può essere molto utile, proprio perché la letteratura
italiana è così aristocratica e colta che il portare esempi di un uso
più quotidiano della lingua, metricamente ordinata, può dare ai
ragazzi l'idea che quella poesia di altri tempi e così distante che
loro leggono a scuola, poteva ai suoi tempi avere la stessa funzione che
oggi ha la canzone."
A cura di Grazia Casagrande
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