Se siete precipitati in questa pagina, sicuramente è
dovuto al fatto che vi importa qualcosa di
Claudio Lolli
Quindi, siate i benvenuti...
Claudio Lolli, ero rimasto fermo
ai suoi vecchi dischi in vinile da ascoltare di tanto in tanto, me li sono
portati
appresso in tutti i nuovi fotogrammi di vita che di volta in volta si
presentavano. Qualcuno potrebbe obiettare che entrare nel nuovo, con le valige
che contengono abiti vecchi, sia una scelta controproducente, e ancora una volta
avrebbe ragione. Ma noi vogliamo avere torto, ci
piace così....
Claudio Lolli,
era già il cantautore che amavo di più ma lo incrociai per la prima volta a una
Rassegna Tenco nella metà degli anni 70. Nel corso del pomeriggio, durante lo
svolgimento del 1
Congresso "Nuova Canzone" aveva già avuto modo di mandare a quel paese il
moderatore del dibattito; non fu difficile capire che non sarebbe mai stato tra
quelli pronti a genuflettersi e prostrarsi al cospetto delle gerarchie del Tenco.
No, Claudio Lolli era diverso, inchini e riverenze a coloro che tanti anni dopo
definì con l'appellativo di "Lobby", proprio non ne ha mai fatti.
Per me era già un mito che osservavo da lontano,
molto lontano. L'incontro per me più emblematico
con lui lo ebbi un paio di anni dopo per le vie del centro storico di
Bologna; aveva un sacchetto della spesa, l'espressione assorta e assente di chi
cammina su una nuvola tutta sua..
Cosa si prova a
vedere un mito con il sacchetto della spesa, e, soprattutto, che cos'è un mito...? Mi fermai, lui
veniva verso di me, avrei voluto dirgli qualcosa, ma ogni parola mi sembrava
troppo povera, incapace a quantificare l'ammirazione verso quell'uomo che era
riuscito a rendere in canzone gran parte dei pensieri, delle ansie e delle
utopie che circolavano negli anni '70. Affanni esistenziali e ribellione
aperta verso la cancrena del potere, uniti a una dannata voglia di vivere una
vita migliore per sé e per gli altri, ne fecero un simbolo per molti, oltre che
uno specchio davanti al quale passare...
Claudio e la sua nuvola
transitarono oltre, mi voltai a guardarne la scia
con gratitudine, senza neppure trovare il coraggio di fermarlo e dirgli qualcosa; gli rivolsi
semplicemente un silenzioso "grazie", poco spettacolare e tutto intimo, che
quasi sempre si lega soltanto ad uno sguardo o un'occhiata furtiva. Grazie di
esserci, intendo dire, grazie di essere come sei, grazie per tutto quello che ci hai fatto "vedere e sentire".
In sostanza, si tratterebbe dello stesso ringraziamento che potremmo rivolgere a
tutti coloro che ci regalano la sensazione di arricchire la nostra vita.
Claudio Lolli viene considerato
dalla critica come uno tra i più grandi maestri della Storica Canzone
d’Autore Italiana, autore, tra le altre cose, del disco capolavoro “Ho
visto anche degli zingari felici” che ha rappresentato i sogni, le
utopie e le speranze non solo della generazione anni ’70 ma anche di una
buona parte di giovani che ancora vedono nel grande poeta Bolognese
un simbolo per ulteriori sogni, utopie,
speranze ed esistenzialismi spesso inchiodati ad un muro dalla realtà
attuale
“Ho visto anche degli zingari
felici” è forse la più grande canzone della storia della musica
italiana. Claudio Lolli capì subito che l’aveva fatta grossa, e la
tirò a durare quasi sei minuti, e nel disco la mise all’inizio: e poi
ne aggiunse un altro po’ alla fine del lato B. “Nell’attacco arioso
del sax”, come lo raccontò poi in una sua poesia Gianni D’Elia, e nel
giro di chitarra che lo segue e sostiene tutta la canzone, c’è di che
fare schiattare di invidia i maggiori arrangiatori dei decenni
seguenti. Se Eminem ascoltasse gli Zingari felici oggi, vorrebbe farci
una cover rap, altro che Dido. Poi la ascolterebbe di nuovo e
capirebbe che l’aveva già fatto Lolli, il rap, altro che Kurtis Blow.
Se Eminem sapesse l’italiano, aprirebbe una ferramenta al solo
pensiero che venticinque anni prima di lui, ci fosse uno capace di
inventarsi parole così."
E siamo noi a far bella la
luna,
con la nostra vita
coperta di stracci e di sassi di vetro.
Quella vita che gli altri ci respingono indietro
come un insulto,
come un ragno nella stanza.
Ma riprendiamola un mano, riprendiamola intera,
riprendiamoci la vita,
la terra, la luna e l'abbondanza.
"Passati un po’ di anni, gli
imbarazzi per certe bassezze estetiche degli anni Settanta fecero
trattare Lolli come un reduce di tempi da superare, di cose datate. Ma
i versi degli Zingari felici sono perfetti. Sono stati perfetti fin
qui: otto strofe senza una caduta, uno scricchiolìo, otto
strofe annodate a quella chitarra. E a quel sassofono: lo suonava
Danilo Tomasetta..."
“Lolli non esiste, è una figura
dell’immaginario di tutti i Lolliani”: ha detto il
suo chitarrista Paolo
Capodacqua. Lolli abita a Bologna, insegna a Casalecchio, e ne ha
fatte di cotte e di crude, in tutti questi anni. Ai concerti gli
chiedono ancora di fare gli Zingari felici, e lui è contento, perché
lo sa. Lo sa, che a un certo punto ha scritto forse la più grande
canzone della storia della musica italiana. Sono cose che capitano. (Liberamente tratto da wiggenstein.it)
Claudio Lolli - Gian Piero
Alloisio - Giorgio Gaber tour 1982 - Dolci promesse di guerra
Vi è mai capitato di ascoltare una
canzone penetrante e folgorante, addirittura pensando che non giunga da una
fonte esterna, ma semplicemente dal più profondo di voi stessi? E allora diciamo
che un mito è (forse) anche questo: un artista o
un amico, chi riesce, a modo suo, a dar voce a ciò che siamo e "sentiamo" anche
noi e che spesso non sappiamo esprimere o
inquadrare compiutamente.
Ed ecco che qualcuno scrive una
canzone, un romanzo, una poesia, una sceneggiatura, dice qualcosa insomma, in
cui ritrovare tracce di noi stessi. E' soltanto la legge di affinità che
spinge le persone verso certi luoghi, musiche, immagini, parole e sorrisi..,
mentre ci tiene distanti da ciò che non ci riguarda.
Claudio Lolli
ha abbandonato questa vita il 17 Agosto 2018 ma le sue canzoni sfidano il
tempo, fanno capire che lo specchio è ancora lì, coerente con se
stesso e col suo meraviglioso invito di sempre, soprattutto a riprenderci
quella vita "che gli altri ci respingono indietro come un insulto, come un
ragno nella stanza.."
Ed è proprio
Claudio Lolli, lontano dal mercato e inservibile ai "mercanti di canzone
d'autore" che affollano il nostro tempo, ad essere rimasto tra i più credibili simboli di rivolta,
poesia, sogni, ideali e utopie della generazione anni 70 e dei (pochi)
ragazzi in circolazione che ne sono l'ideale continuazione.
Tantissimi anni dopo fondai l'associazione
Culturale Musicale "Aspettando Godot",
realizzando alcuni concerti con Claudio Lolli in diverse regioni italiane.
Fu un appuntamento con lui a cui non potevo mancare, credo scritto nel mio
destino..
Intanto gli zingari felici anni
settanta si allontanano e
svaniscono sempre più all'orizzonte della vita. Una generazione un tempo
ubriaca di luna, di vendetta e di guerra, ora ormai disillusa e con lo
sguardo acceso solo di malinconica nostalgia..